Nella magia delle Torri

 

NELLA MAGIA DELLE TORRI

 

 

TURRE 5

 Nella magia delle Torri, romanzo di Maurizio Mazzotta, Edizioni del Grifo, Lecce 1999

 

NOTA IMPORTANTE SULLE EDIZIONI DI QUESTO ROMANZO

Il romanzo con il titolo Nella magia dell torri è uscito nel 1999. Esaurita l'edizione, l'autore ha deciso di riscriverlo, modificandolo e soprattutto dividendolo

in due storie separate. Da questa operazione di rimodellamento venti anni dopo  (2020 e 2021) sono stati "ricavati" e pubblicati due romanzi:

Le sue dita come stecchi di mandorlo e Dapprima erano ombre. - vedere nel sommario di ESPRIMERSI NARRANDO.

PiĂą sotto propongo il saggio del prof.  Donato Valli La saga dei Guerriero scritto  come analisi e commento del romanzo Nella magia delle torri.

 

 

 

 TURRE 2     TURRE 3

 

 

 

                       TURRE 1          TURRE 4

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Stralci da La saga dei Guerriero ( in corso di stampa – Congedo editore ) del prof. Donato Valli, docente di Letteratura italiana moderna e contemporanea presso l’università degli studi di Lecce


II romanzo Nella magia delle torri di Maurizio Mazzotta, stampato alla fine dello scorso anno dalle Edizioni del Grifo di Lecce, rientra nella tipologia del romanzo biografico, nel senso che contiene la narrazione di una vita, quella del protagonista Giovanni Guerriero, dall’infanzia alla piena maturità. La questione se essa biografia coincida con l’autobiografia dell’autore è una questione marginale, anche se importante dal punto di vista autoriale; infatti, essa riguarda soltanto l’ambito dei contenuti i quali comunque sono oggettivati in una forma, cioè in un tipo di narrazione e di scrittura che, per la indubbia specificità e per le sue caratteristiche, rappresentano la vera essenza del romanzo e fanno sì che la componente diaristica s’inserisca a pieno titolo nel genere romanzesco con il corredo degli elementi narratologici necessari: intreccio tra fabula e realtà, comparse e dissoluzioni di personaggi, rapporto tra il narratore e il suo discorso, esplicitazione del punto di vista, distribuzione dei tempi e degli spazi storici e fantastici.

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Da quell’impasto fatto di natura e di spirito, da presenze invisibili e contraddittorie egli aveva tratto l’attitudine a porsi e a porre problemi, “ a indicare non soluzioni ma modi di procedere nella ricerca della soluzione, e soprattutto insegnare a riconoscere i maestri che presentavano dottrine e quelli che presentavano problemi ” (p. 156). II nucleo forte del romanzo e qui: i personaggi atipici che escono dal contesto della condizione familiare e ne rappresentano lo scarto esistenziale, Modesto, Vincenzo e Giovanni, godono della simpatia dello scrittore/autore/protagonista e dettano le cadenze di quelle che sono “ le istanze profonde dell’uomo: cambiare, modificarsi e modificare, lottare, opporsi, proporre valori nuovi, e l’altra di restare, ancorare e ancorarsi, uniformarsi, adeguarsi, sostenere i valori tradizionali; nella famiglia dei Guerriero, Modesto, Vincenzo e Giovanni, che in vari modi e misura avevano manifestato l’esigenza del cambiamento, erano senza parole, senza respiro, attoniti per la loro stessa incapacità di dare e darsi risposte ” (p. 175).

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A Roma il giovane Giovanni incontra anche la grande storia sotto forma di cronaca del quotidiano. Le personali vicende del protagonista impattano inevitabilmente con gli avvenimenti degli anni Sessanta, dai più effimeri a quelli che hanno segnato un’epoca di tragedie e di inquietudine: Rita Pavone, Moro e Fanfani, l’assassinio di Kennedy, il Sessantotto, “ un carosello di speranze e di terrori ” (p. 91): l’offensiva di Praga, i carri armati a Praga, i morti di Milano, i feriti di Roma. Questi fatti di cronaca e di storia, che esploderanno negli anni di piombo, nella tragica serie delle stragi, nei segnali cupi di uno smarrimento, di un disorientamento generale, insieme planetario ed esistenziale, quali il Vietnam, Seveso, Pasolini, fino a culminare, negli anni Ottanta con l’assassinio di Moro; tutti questi avvenimenti vissuti sulla pelle del protagonista non sono oggetto di trattazione storica. II narratore non vi indugia con effusione di giudizi o di moralismi, ma vi accenna quasi di squincio, con una sorta di impassibile noncuranza di osservatore. Essi svolgono una funzione all’interno della struttura del romanzo, affiorano subitaneamente, da un universo di coscienza inesplosa, quasi a puntellare attraverso la loro inconfutabile realtà storico-geografica, il flusso dell’imponderabile che travolge la psiche del protagonista. Perché egli era nello stesso tempo dentro e fuori da quei fatti e quella storia, era nello stesso tempo dentro e fuori quella città e i suoi luoghi; viveva un sogno incontrollabile, una impossibilità di individuare la sua consistenza vitale, per cui i piani della realtà si confondevano e si moltiplicavano. La psiche prende il sopravvento sull’oggetto e Giovanni ha bisogno degli oggetti per appigliarsi a qualcosa di solido, come se fosse sperduto in un oceano di impulsi e di sensazioni incontrollabili. Le piccole cose del quotidiano, intrecciandosi con le grandi vicende del tempo, potevano contribuire a riconoscersi, almeno a vedersi vivere.

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Molti degli atteggiamenti di Giovanni  hanno alcunchĂ© di automatico, di irrazionale perchĂ© nascono da motivi remoti, oscuri, non sempre pervenuti alla luce rassicurante della coscienza. Egli, come dice l’autore, “ inseguiva il nonno senza saperlo ” (p. 115), viveva sulla scia “ di quelle spinte che traevano origine dagli appuntamenti col nonno e che negli ultimi anni [ ... ] erano ripiegate ed erano state risucchiate dalla negativitĂ  che pure covava nelle zone oscure del suo essere ” (p. 164). In questi smarrimenti di coscienza la concretezza dell’oggetto era una bussola che ridava orientamento, metteva un punto fermo nella labilitĂ  psicologica e sentimentale. Poteva essere un cacciavite usato per montare uno scaffale (p. 110), un cavatappi che si rivestiva di significati sorprendenti, incredibili (p. 164).

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Così a un dipresso il nostro Giovanni nei momenti, non rari, di smarrimento: malattia e paura dell’imponderabile. Si spiega in tal modo la ricerca affannosa, quasi ossessiva, del più prezioso, ma anche il più deludente degli oggetti: il corpo di una donna. Anche il corpo di una donna può aiutare a ritrovare se stessi, o almeno darne l’illusione.

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Ed ecco allora il susseguirsi di avventure sentimentali, quell’inquietudine che trova momentanee oasi di stordita serenità nell’abbraccio di una donna il cui corpo rappresenta il concentrato di tutti i sensi, l’enfasi di una sinestesia che riporta l’essere al suo momento prerazionale, come una nebulosa nella quale le distinzioni non hanno ancora determinato la convenzionalità dei ragionamenti e dei comportamenti. Anche questo era un insegnamento che Giovanni aveva appreso dal nonno…

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E ogni volta, sullo sfondo di ogni abbandono, allorché lo stordimento dei sensi cede a una pausa di sfinimento abulico, ecco apparire il simbolo della propria coscienza irridente, ironica, maliarda: una sorta di febbre eccitante che trasporta il sogno della vita tra piccole realtà quotidiane, profonde rivisitazioni esistenziali. E’ una strega che non lascia requie e che nella sua eccitante apparizione improvvisa, inattesa fa scoprire la realtà di quegli amori tutto senso e tutto sesso. Tutta questa furia, che occupa la parte centrale del romanzo, si rivela alla fine come incapacità d’amare, come paura oscura dell’accettazione dell’altro nella sua integralità, nella sua umanità, non nella sua corporea oggettività.

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Non manca che la donna-angelo a completare questo tragitto di un’anima, la cristofora salvatrice che sconfigge la strega e conduce al disvelamento delle veritĂ , alla scoperta della Penelope pura e incontaminata della propria innocenza. SarĂ  lei a sconfiggere definitivamente la strega delle fantasie inappagate, dei falsi desideri. E Rosamaria Astolfi, l’ultima donna che chiude la vicenda del racconto, ha tutte le caratteristiche della donna-angelo; in essa la Venere terrena è a contatto con la Venere celeste; ella potrĂ  stare “ al confine con gli angeli ” (p. 225) e potrĂ  coniugare sacro e profano, infimo e sublime. Le ultime parole del racconto confermano questa conversione, questa rinascita:  “ Ti sei svegliata e la sorpresa è questa. Siamo tutti col nostro ultimo cerotto in mano, così come siamo, nudi, e tu sei l’angelo che ha compiuto il miracolo ” (p. 231). Da quanto s’è detto fin qui risulta chiaro che il romanzo coincide con il suo racconto: non c’è divaricazione tra la narrazione e il punto di vista, tra la biografia e la storia; non ci sono interventi esterni al suo farsi, al dipanarsi della vicenda, la quale corre fatalmente, inevitabilmente verso il punto di dissoluzione finale, che è la cancellazione della trama, lĂ  dove non c’è piĂą nulla da raccontare, perchĂ© si è compiuto non un fatto, ma un exemplum. E appunto perchĂ© exemplum il romanzo racchiude in sĂ© le caratteristiche della biografia, ma anche quelle del romanzo-saggio, non nel senso che esso tende a dimostrare una tesi, ma perchĂ© affida alla scrittura, alla analitica ricostruzione di una educazione sentimentale ripercorsa sotto forma di racconto, la morale della favola.

La realtà si presenta come una grande medusa, una struttura gelatinosa, omogenea, filiforme, radiale, imprendibile nella sua interezza. Se ne possono staccare pezzi da analizzare e rapportare alla propria capacità di comprensione; poi spetta alla propria energia razionale rintracciare il filo logico che unisce eventi apparentemente lontani, tessere la trama dei fenomeni, volare sul labirinto delle occasioni. Lo stile del romanzo si adegua a questa intuizione, è strutturato in modo da arrivare ai fatti per induzione, lentamente. Non ci sono enunciazioni di situazioni globali da disarticolare, dalle quali tirare una conclusione, ma incastri da organizzare, tessere da collocare su un mosaico intravisto in filigrana. Il procedimento narrativo va dalla periferia al centro, dal passato al presente, dalla immaginazione alla concretezza, dalla natura all’io. E’ dal dettaglio che si giunge alla legge generale: è “ il trasgressivo con le origini sempre vive nel cuore ” che evoca il sublime (p. 124); “ gli eventi eccezionali sono accompagnati dalla banalità di fatti che li precedono, li contornano, li seguono ” (p. 129). Giovanni “ cattura frammenti di realtà per rendere veri i sogni ” (p. 134). La reversibilità delle situazioni è la legge generale e la capacità generatrice delle vicende fa sì che avvenimenti di morte diano vita, di odio sveglino amore. “ E’ regola se l’oppressione cerca il sollievo, il dolore la consolazione ” (p. 161).

Per rendere questa volubilità della natura Mazzotta ricorre alla fusione grafica dei contrari: Modesto è un gigante buonocattivo, il sesso femminino è dolcescuro, la realtà e ideamateria né più né meno del sogno, la presenza della genitrice è madremacigno, il fisico della donna è corpoggetto, “ il moto è avvertito dagli esseri viventi fuori e dentro, come esseremoto ” (p. 170), il desiderio rende l’amata vicinolontana, e cosi via dicendo. Altrettanto mosso il modo della scrittura; si passa dallo stile nominale: “ Luce a grappoli su viale Ippocrate. Strada che ha amici e sambuche d’osteria, sirene spiegate di pompieri, pensioni trattorie bar. Piogge acqua sole; inverni e primavere, sempre luce in cima alla salita ” (p. 79) al flusso espressionistico delle idee che fanno ressa nella mente e creano sempre nuove sensazioni e affollano cataste di sentimenti: “ il suo cervello diviene di marmo, se pensa al cuore martirizzato di lei il suo piange a cascata bambino inconsolabile e il cervello si affanna alla ricerca di unguenti per lei, di balsami che non trova che non può darle lei non li accetterebbe le parole non hanno forza sulle labbra né significato che senso ha dire perdono perdonami Luciana ti amo Luciana sto provando quello che provi tu so come stai cosa posso fare ricominciamo ” (p. 169).

E qua e lĂ  belle pagine di stile commosso, di levigata leggerezza, di saporosa descrizione. Penso alla carezza della mano del nonno a p. 13, alla morte del nonno a p. 85, allo spettacolo, oggi per necessitĂ  tornato di moda, di una Roma priva di automobili e di smog a pp. 153- 154.

L’ampiezza, l’articolazione, la varietà del romanzo permette questa mobilità dello stile e la coesistenza di conati sperimentali. Da tutto ciò nasce l’amalgama di fantasia, idea e scrittura che a volte è troppo scopertamente perseguito, ma che in generale dà al romanzo di Mazzotta caratteristiche di originalità e di dignità nel non esaltante panorama della narrativa contemporanea.

Donato Valli

 

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