Franziska e la poesia
inserito 16.07.2007
Franziska non ama definirsi "un essere umano", bensì "un essere vivente". Nel suo linguaggio, esseri viventi sono soprattutto gli animali e le piante. Animali e piante amano, soffrono, sono felici, hanno paura, fame, sete, freddo, caldo, ma non conoscono l'odio, che è un sentimento negativo inventato dagli uomini. Ingiustamente titolari di ogni diritto sulle altre due specie (e persino sulla propria), con un vistoso ossimoro gli uomini si autodefiniscono "esseri umani", benché troppo spesso inumani.
A qualcuno capita di rendersi conto improvvisamente di quanto l' esistenza proceda ormai per inerzia, in una sorta di congelamento mentale che poco per volta rende insensibili a tutto ciò che esula dai compiti specifici, soprattutto quelli che riguardano la vita di ogni giorno. Tranne rare, svogliate concessioni alla vita intellettiva e spirituale, considerate – qualcuno, oggi, direbbe "a torto" – di consistenza superiore, ci si avvia riluttanti ma rassegnati verso un futuro precostituito. Malgrado tanti sogni audaci su scelte coraggiose di metamorfosi e rinnovamento, alla fine ci si ritrova banalmente a vivere in una realtà che non si riconosce come propria, non è quella cioè che tali scelte avrebbero consentito.
Forse la vera vita non è nel configurare le proprie vicende su quelle descritte dalla fantasia di un autore di romanzi avvincenti; non è nemmeno nella lettura di poesie, interiorizzate e adattate a sé stessi come un vestito rifatto; non è nella lettura del saggio di Luce Irigaray (... amo te, amo a te o entrambe le cose?) o di Galimberti (... di quale tipo d' amore sarò vittima, fra quelli da lui descritti?), alla ricerca spasmodica di spunti che si adattino alle proprie circostanze o convenienze; tanto meno è nella ricerca di avventure mirabolanti che compensino gli incolmabili vuoti affettivi; non è nell'accarezzarsi con indulgenza le ferite, disinteressandosi di quelle degli altri o peggio sentendosene confortati, sul genere "mal comune mezzo gaudio".
Che la vera vita allora sia nel vivere giorno per giorno la propria esistenza in accordo con quella del prossimo, senza invasioni di campo, ma soprattutto senza disattenzioni? Chissà perché mi viene in mente John Kennedy... Parafrasandolo, direi "non chiederti che cosa gli altri possono fare per te, chiediti quello che tu puoi fare per gli altri, senza farti distrarre da questo compito, nemmeno se una tempesta dovesse sconvolgere la tua vita".
Ma allora, quando si trova una strada maestra, è bene non perderla di vista, a costo di andare sott'acqua per cercarla, a costo di imbattersi nelle macerie di sé stessi e nell'odore della morte, oppure è meglio abbandonarla per vagare insensatamente, ma beatamente in luoghi inesplorati? Qual è l'unica via che possa compensare di qualsiasi ferita, di qualunque dolore, di ogni mancanza; l'unica che, davanti alla fine, possa offrire la confortevole sensazione di avere vissuto in pace con sé stessi e con il mondo?
(Franziska)
POESIE
La cabeza me da vueltas Por un decir, |
Mi gira la testa Tanto così per dire, |
Delibando...
Sormonta il mio gusto
trascendimi.
Raggiungi declivi
estenuati
fra ardenti,
segrete armonie.
Sigilla per vaghe
orditure
ritrovati incanti.
Sii lieve
Sii greve
Purché tu sia
neve.
Discioglimi...
Discioglimi i capelli
non sciogliere catene
Aspira la mia anima
non respirare il vuoto
Divorami la pelle
non ingoiarmi il cuore
Spalancami il tuo corpo
non chiudere barriere
Aspettami nel buio
non segregare il sogno
Devastami il futuro
non navigar di piano
Torturami lo spirito
non risparmiarmi colpe
Smemorami il passato
non scuotere il presente
Vagheggiami in dolcezza
non svellere radici
Ravviva la speranza
non togliermi l'essenza
Trascendi il mio segreto
non indossarmi il corpo
Sormontami i declivi
non scegliere il deserto
Raggiungi le mie labbra
non spegnere le tue
Conducimi al tuo cuore,
non chiudermi
le
porte.
Vaivèn Tu cielo se calienta |
Vai e vieni Il tuo cielo si riscalda |
Domanda
Avrei voluto chiedergli
cosa si prova nell'uccidere un sogno,
gli ho chiesto
se aveva custodito bene il suo pugnale.